NeuroTraumatologia

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La Sezione di Traumatologia Cranica si occupa di promuovere, diffondere e condividere, tra i membri della Società, le nuove strategie terapeutiche, le più recenti tendenze diagnostiche e le più significative novità della letteratura dedicata al trattamento delle lesioni traumatiche del cranio.

Il trauma cranico resta ancora oggi, nonostante i tanti progressi in termini di prevenzione, la maggiore causa di mortalità e disabilità grave nella popolazione adulto-giovanile nei paesi occidentali.

Da una parte l’utilizzo obbligatorio del casco, delle cinture di sicurezza, il miglioramento dei processi industriali di costruzione dei veicoli (airbag, utilizzo di nuovi materiali a maggiore capacità di assorbimento dell’energia cinetica) hanno determinato una riduzione dei traumi maggiori legati agli incidenti della strada. Dall’altra, però, l’aumento vertiginoso del numero dei veicoli, l’incremento della popolazione metropolitana (ad alta densità), la crescita dell’aspettativa di vita con un crescente numero di individui che assumono terapie antiaggreganti ed anticoagulanti, hanno determinato un cospicuo aumento dei traumi cranici riferibili ad investimento di pedoni, aggressioni o banali cadute accidentali (o determinate da malore in soggetto a rischio).

La complessità dei rapporti tra cranio (contenitore) ed encefalo (contenuto), le forze cinetiche in gioco, le caratteristiche biofisiche del tessuto nervoso centrale e la molteplicità delle lesioni traumatiche iniziali, spesso concomitanti, rendono ragione del fatto che, nonostante gli straordinari progressi tecnici delle tecniche chirurgiche, intensivistiche e riabilitative, il trauma cranico rappresenti, per i suoi effetti sull’individuo e sulle famiglie coinvolte, un gravissimo problema sociale, economico e sanitario.

Tutto questo assume ancora maggior impatto emotivo e mediatico, se si pensa che al trauma cranico si deve la maggiore causa dello stato di coma e di disabilità grave nei bambini e nei giovani a livello globale.

La gestione del trauma cranico inizia sul luogo dell’evento.

Da ciò si comprende come i risultati del trattamento vedano coinvolti tutti gli operatori della filiera terapeutica con implicazioni gestionali, il che ha portato alla creazione di vere e proprie Reti Territoriali con centri di primo soccorso e strutture di riferimento (HUB) dove vengono concentrate le tante risorse necessarie per una gestione adeguata di una patologia così complessa e lesiva. 

Tra le lesioni traumatiche di interesse neurochirurgico più frequenti sono da annoverare i cosiddetti ematomi intracranici. A seconda del compartimento intranico in cui si forma, distinguiamo l’ematoma extradurale (sanguinamento tra l’osso del cranio e la dura madre), l’ematoma subdurale acuto o cronico (sanguinamento al di sotto della dura madre ma all’esterno del cervello), l’emorragia subaracnoidea (spandimento emorragico negli spazi liquorali subaracnoidei), l’ematoma intracerebrale o lacero-contusione parenchimale e, infine, l’emorragia intraventricolare. Alcune di queste condizioni (tra cui l’ematoma extradurale e quello subdurale acuto) rappresentano vere emergenze neurochirurgiche e il loro trattamento dovrebbe essere valutato nel più breve tempo possibile. 

L’ematoma subdurale cronico è un sanguinamento che si realizza, il più delle volte, nel corso di molti giorni o alcune settimane, fino a raggiungere un volume tale da causare deficit neurologici al soggetto. 

E’ particolarmente frequente nella popolazione anziana, in cui la fisiologica atrofia cerebrale ne costituisce il presupposto per la formazione a seguito di traumi anche banali. Quando necessario, l’ematoma subdurale cronico viene drenato chirurgicamente ed è possibile operare il paziente, se collaborante, anche in anestesia locale con un foro di trapano nell’osso o con l’apertura di un piccolo sportello osseo (mini-craniotomia), anche se, talvolta, può essere necessaria una craniotomia più ampia. 

Il soggetto con trauma cranico, specie se di maggiore gravità (quello cosiddetto “moderato” e quello cosiddetto “grave”) dovrebbero essere gestiti in un reparto di neurochirurgia o, meglio, di terapia neuro-intensiva, al fine di mettere in atto, nel più breve tempo, ogni sforzo per limitare il danno nervoso. In alcuni casi, in cui il progredire del danno nervoso dipende dall’instaurazione di una sindrome da ipertensione endocranica non responsiva ai trattamenti farmacologici intensivi, può essere necessario eseguire un intervento neurochirurgico di craniotomia decompressiva mediante la rimozione di ampie porzioni dell’osso cranico, che verrà, nel caso, ricostruito successivamente all’auspicabile miglioramento del paziente.

Laura LIPPA_TRAUMA
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Responsabile:
Dott.ssa Laura LIPPA

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