NeuroRadiochirurgia
Radiochirurgia Stereotassica è un termine coniato nel 1951 dal neurochirurgo svedese Lars Leksell (1907-1986) e, oggi, usato per indicare quelle metodiche terapeutiche che utilizzano uno o più fasci di radiazioni (raggi gamma, raggi X, protoni o particelle pesanti) per trattare una malattia del cervello, individuando il cosiddetto “target” (cioè il “bersaglio” da colpire) mediante un sistema “stereotassico” (finalizzato a definire con estrema precisione, in uno spazio tridimensionale, la posizione della malattia all’interno del cranio per consentirne appunto il trattamento).
Grazie a questa metodologia è possibile focalizzare e concentrare le radiazioni in un piccolo spazio di tessuto cerebrale (ad esempio su un tumore oppure una malformazione arterovenosa) o ancora su una determinata regione del cervello affetta da una patologia funzionale (come nella nevralgia del trigemino). Il bersaglio riceve così un’elevata quantità di radiazioni, risparmiando il tessuto sano e permettendo quindi di limitare il danno ai tessuti limitrofi e gli effetti collaterali.
Il suffisso “-chirurgia”, deriva proprio dall’accuratezza e dalla capacità del fascio radiante applicato di ottenere risultati simili a quelle della chirurgia tradizionale, dato che nessuna incisione cutanea viene fatta al paziente.
La Radiochirurgia è divenuta parte integrante dell’armamentario neurochirurgico. Inoltre in campo radioterapico si sono sviluppate tecniche mutuate dal concetto di radiochirurgia di Leksell e applicate ad altri organi (polmoni, fegato, prostata). Per tale motivo al giorno d’oggi si è soliti differenziare la Radiochirurgia classica o Neuroradiochirurgia (in lingua inglese SRS, Stereotactic Radiosurgery) dalla Radioterapia Stereotassica corporea (SBRT, Stereotactic Body Radiation Therapy) .
La procedura di pianificazione del trattamento prevede l’applicazione al capo di un sistema di immobilizzazione (un casco stereotassico o una maschera termoplastica), abbinato ad un sistema di imaging di elevata precisione fondato sull’uso contemporaneo di più tecniche (Risonanza Magnetica, TAC e Angiografia digitalizzata).
Le modalità di somministrazione delle radiazioni possono variare da una singola seduta a 5 sedute consecutive, in tal caso si parla di Radiochirurgia frazionata o multisessione.
Campi di applicazione
- metastasi
- malformazioni artero-venose
- schwannoni
- meningiomi
- adenomi ipofisari
- craniofaringiomi
- nevralgia trigeminale
- altri tumori e patologie vascolari e funzionali
La Neuroradiochirurgia può essere utilizzata per il trattamento primario di malattie che non possono essere trattate chirurgicamente, oppure prima o dopo l’intervento chirurgico standard per potenziare l’effetto del bisturi, facilitandone, se applicata prima, o completandone, se dopo, l’azione terapeutica.
La Neuroradiochirurgia viene eseguita di solito con apparecchiature dedicate al cervello, come la Gamma Knife, oppure con acceleratori lineari appositamente studiati come il Cyberknife o altre apparecchiature utilizzabili in vari distretti corporei ma adattabili ai principi della stereotassi, che hanno consentito inoltre di trattare patologie del midollo spinale, estendendo il campo d’azione della Radiochirurgia a tutto il Sistema Nervoso Centrale.
La selezione del giusto tipo di radiazione e dispositivo dipende da molti fattori, tra i quali la natura, le dimensioni, la posizione della lesione e la sua relazione con le strutture anatomiche circumviciniori.
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